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Nuova condanna per Fincantieri: risarcita la famiglia di un lavoratore vittima di amianto

Fincantieri, l’azienda pubblica italiana operante nel settore della cantieristica navale, è stata nuovamente condannata a risarcire i familiari di una vittima che ha perso la vita perché esposta al terribile agente cancerogeno: l’amianto.

Questa volta a dare giustizia ai superstiti, difesi dall’avvocato Ezio Bonanni, presidente dell’Osservatorio Nazionale Amianto, è il Tribunale di Livorno, che ha accertato la responsabilità di Fincantieri per l’esposizione professionale all’asbesto e per la morte del livornese Giancarlo V., deceduto a 71 anni per un mesotelioma pleurico.

«Siamo di fronte all’ennesima condanna a carico di Fincantieri – ha dichiarato l’avvocato Bonanni -. Non si comprendono le ragioni per le quali abbia continuato a utilizzare amianto ancora negli anni ’90, prima della messa al bando con la Legge 257/92, nonostante si conoscessero già gli effetti negativi. Inoltre non comprendo come abbia potuto omettere di informare le maestranze della pericolosità di questo minerale, capace di provocare morte, come purtroppo si è verificato. Sono state violate tutte le misure di sicurezza».

L’uomo aveva lavorato come operaio per 37 anni presso lo stabilimento di Livorno di Fincantieri S.p.A (già Cantiere navale Luigi Orlando S.p.a), svolgendo mansioni di carpentiere, saldatore e montatore, sia in officina sia a bordo delle navi, in un contesto in cui l’amianto avvelenava praticamente ogni comparto.

Infatti, come conferma il rapporto ReNaM, giunto alla sua settima edizione, la cantieristica navale è uno dei settori maggiormente a rischio esposizione. Solo di casi di mesotelioma registrati se ne contano più di 1600 tra coloro che si occupavano di costruzioni, riparazioni e demolizioni navali. A questi numeri vanno poi aggiunti tutti i casi di chi ha contratto una malattia asbesto correlata, come l’asbestosi, il tumore al polmone e altri tipi di cancro.

«Le malattie da amianto sono ancora sottostimate – continua l’avvocato -. Ci sono una serie di tumori che sono molto sottostimati rispetto all’entità effettiva del danno che l’amianto ha provocato agli operatori dei cantieri navali e di altre aziende».

L’amianto era ampiamente presente nelle navi, utilizzato a scopo antincendio, insonorizzante, termoisolante o anticondensa. Si trovava nelle coibentazioni, nelle tubature, nel vano motore, nelle cuccette e spruzzato nelle pareti. E la stessa situazione di rischio si trovava in tanti altri cantieri navali di Fincantieri sul territorio italiano: Monfalcone, Marghera, Sestri Ponente, Riva Trigoso, Muggiano, Ancona, Castellammare di Stabia e Palermo. Le regioni in cui si registra il maggior numero di casi di vittime di amianto in questo settore sono Friuli-Venezia Giulia, Liguria, Marche, Sicilia e Toscana, dove ha appunto lavorato Giancarlo.

L’operaio durante la sua attività aveva manipolato amianto friabile in locali privi di impianti di aerazione e senza i dovuti dispositivi di protezione per evitare l’esposizione, come mascherine e tute monouso. L’inalazione continua di queste fibre killer ha quindi provocato gravi danni alla salute del lavoratore. Dopo un primo ricovero avvenuto l’8 maggio 2008, l’uomo è morto tra atroci dolori poco più di un anno dopo.

«Se il datore di lavoro avesse rimosso l’amianto durante il periodo lavorativo, dotato la vittima di maschere protettive e rispettato le altre regole cautelari – conclude il legale Ezio Bonanni -, evidentemente la patologia non sarebbe insorta o lo sarebbe stata in epoca successiva, con l’aumento del periodo di sopravvivenza della vittima».

Grazie all’azione dell’avvocato Bonanni, finalmente i familiari hanno ottenuto giustizia. Il giudice ha disposto la condanna di Fincantieri a un risarcimento danni complessivo di più di 650mila euro. Alla vedova, a cui era già stato riconosciuto il diritto alla rendita mensile e alla prestazione aggiuntiva del Fondo Vittime Amianto, entrambi a carico dell’INAIL, andranno 275.930 euro a titolo di risarcimento del danno non patrimoniale sofferto in prima persona per la morte del marito e 81.671 euro per i danni non patrimoniali sofferti dal lavoratore, oltre agli interessi maturati dal decesso del coniuge. Stessa cifra è riconosciuta anche alla figlia, insieme a ulteriori 215.360 di risarcimento del danno non patrimoniale sofferto per la morte del padre.

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