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Raffaella Greco: occorre una vera rivoluzione culturale

E' arrivato anche questo 8 marzo, e ogni volta che sento il bip del cellulare e ricevo gli "auguri per la festa della donna", un brivido freddo mi scorre sulla schiena. Brivido che si fa ancora più freddo quando sento la strumentalizzazione politica che tende più a svilire che non a valorizzare un tema molto importante come quello della garanzia di parità di genere.  

Parafrasando una vecchia, ma sempre attuale, canzone del compianto Gaber “ministra è di sinistra, ministro è di destra….”, andando a scomodare ottusità e “resistenza linguistica nel mancato adeguamento del linguaggio per il riconoscimento della parità di genere.

I diritti ai quali le donne dovrebbe ambire, e per i quali andare avanti a lottare e di cui essere fiere, sono ben altri.

Secondo il World Economic Forum, dai dati dell’annuale rapporto sul Global Gender Gap, l’Italia è la prima al mondo per numero di donne che si iscrivono in università. Esattamente 136 donne per ogni 100 maschi iscritti all’università.

Il 17,4% della popolazione femminile, contro il 12,7% dei maschi, completa il percorso di studi, e dei laureati con lode il 60% sono donne

Ma qua arrivano i dati su cui riflettere: il nostro Paese si trova al 118esimo posto (su 140) per partecipazione femminile alla vita economica, siamo i peggiori in Europa e in Occidente.

A questo, come se non bastasse, c’è da aggiungere che siamo 126esimi per parità di trattamento economico, con un tasso di disoccupazione femminile maggiore di 3 punti rispetto a quello maschile.

Tutto questo anche con un notevole danno economico, infatti secondo i dati dell’agenzia europea Eurofound il costo complessivo per l’Italia di questa mancata utilizzazione del capitale umano femminile è pari a 88 miliardi di euro.

E’ stata necessaria una legge 120/2011 per riservare le famose “quote rosa” all’interno di bord delle società quotate obbligando ad essere un numero mai inferiore rispetto al terzo del totale dei membri.

Equilibri numerici rubati anche dalla politica.

Ma il dato non è positivo nell’insieme, perché a capitanare le imprese sono appena l'8,4%, contro una media del 16,6%.

Motivo per cui per me “quote rosa” per me è solo un termine, al quale io personalmente sono molto riluttante.

Cosa c’è di meritocratico in questo sistema di accesso? Nulla, e i dati lo confermano.  E allora come si può andar fieri di questo sistema che ancor più discrimina le donne ?

Molti diritti sono stati acquisiti nel tempo, ma per arrivare a poter davvero festeggiare la donna dev’essere libera da qualunque forma di discriminazione e di appartenenza politica o religiosa, ed occorre una vera rivoluzione culturale della quale le donne stesse devono per prime prenderne coscienza, perché NOI VALIAMO

 

Raffaella Greco

Coordinatrice Campus LUM SCHOOL OF MANAGEMENT Milano

 

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