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Maria Laura Paxia: serve un radicale cambio di mentalità

Dai primi riconoscimenti a oggi, la strada è ancora lunga: nel 1946 le donne votarono per la prima volta, nel 1948 la Costituzione stabilì l’uguaglianza tra i sessi e nel 1975 una legge decretò la parità di diritti tra marito e moglie. 

La donna oggi è lavoratrice e cittadina, ha un peso fondamentale all’interno della società, soprattutto da un punto di vista economico e produttivo

Riesce ad essere lo specchio del passato, ma anche la proiezione nel futuro; la donna manager, la donna presidente del consiglio, la donna presidente della Repubblica, la donna presidente di Confindustria sono però i risultati di una guerra fatta di tante battaglie vinte e altrettante perse, ma che alla fine l’hanno portata, nel mondo occidentale, all’apice della piramide sociale, almeno sulla carta. 

Se in teoria le donne possono dunque accedere a qualunque professione, è però vero che, a parità di lavoro e di mansioni, la retribuzione di una donna risulta inferiore rispetto a quella di un uomo di pari grado almeno del 25% e sono ancora poche le unità femminili all’interno dei ruoli dirigenziali delle aziende pubbliche e private. 

Inoltre assistiamo ad un frequente abbandono del lavoro da parte di giovani madri, spesso non in grado di conciliare i tempi di un lavoro impegnativo e poco pagato, con le esigenze dei figli laddove la mancanza di strutture pubbliche a basso costo (asili nido, scuole materne)  costringe molte madri a dedicarsi alla crescita dei figli, rinunciando alle proprie possibilità di lavoro

Abbiamo assistito nei secoli ad una lenta evoluzione della posizione sociale della donna, ma il raggiungimento dell’agognata parità dal punto di vista socio-economico è ancora ben lontana e mal si sposa purtroppo con il concetto di parità.

Discriminazione, stereotipi, rendono il mondo femminile fragile e persino più esposto alla recessione da Covid: l’ultimo Rapporto Caritas ci racconta di donne che chiedono aiuto, molte di più rispetto agli anni precedenti.

Dati Istat ci confermano altresì che nel 2020 su 101 mila posti di lavoro persi, 99 mila erano occupati da donne, una strage silenziosa, da cui, purtroppo, possiamo dedurre che la pandemia ha allargato il problema della disparità di genere, amplificando quelle disuguaglianze che già caratterizzavano la nostra struttura sociale; il motivo spesso lo ritroviamo nella natura stessa del lavoro, le donne sono impiegate soprattutto nei settori che più di tutti stanno vivendo la crisi, come quello dei servizi e quello domestico, spesso con contratti che danno poca sicurezza e stabilità, come il part-time.

Per questo oggi sono le prime vittime sacrificali dei datori di lavoro, un fenomeno a cui nemmeno il blocco dei licenziamenti è riuscito a mettere un freno.

Questa è la realtà con cui ci dobbiamo confrontare e per cui abbiamo il dovere di lavorare anche guardando alle risorse del Recovery Plan con la speranza che possa essere questa, un’occasione, per puntare un faro sulle distorsioni sociali che creano disuguaglianze, che potrebbero facilmente superarsi attuando politiche che mirino a sollevare la donna dal peso del lavoro di cura dei figli, delle persone anziane non autosufficienti e delle persone con gravi disabilità, potenziando i servizi pubblici di cura, e garantendo una costante attenzione affinché di ogni provvedimento normativo si debba valutarne l’impatto di genere, nell’ottica della promozione di un cambio di mentalità che miri ad educare le nuove generazioni al rispetto e alla valorizzazione delle differenze e della parità di genere, per favorire la crescita di cittadini consapevoli e attivi in tutti i contesti di vita, nella società, nella famiglia e nel lavoro. 

 

Maria Laura Paxia

Parlamentare Gruppo Misto - L'Alternativa c'è

 

 

 

 

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