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Paola Cavallero: il Green Pass al centro di un acceso dibattito

Rendere obbligatorio in Italia quasi ovunque il green pass sul modello francese o adottare misura più soft? L’estensione dell’utilizzo del pass è davvero l’unica arma vincente per una battaglia arrivata ormai a un altro snodo fondamentale? Obbligare l’utilizzo della carta verde per ristoranti, cinema significherebbe impedire ai non vaccinati lo svolgimento di attività alla base della socialità: ciò è giuridicamente possibile? O rappresenta una compressione illegittima della libertà individuale?

Questi sono alcuni degli interrogativi al centro di un acceso dibattito su un futuro sempre incerto, tra incognite legate alle varianti del virus e al successo della campagna vaccinale in atto ma che, dati alla mano e soprattutto competenza per interpretarli, possono trovare una risposta senza ritorni al già detto, bensì con maggiore conoscenza e comprensione della nuova situazione e focus sul che fare qui e ora.

Ci eravamo - forse prematuramente - illusi che il virus fosse scomparso o che perlomeno fosse sotto controllo con ilpiano vaccinale in atto. Così purtroppo non è stato e così non è: Il ministro della Salute, Roberto Speranza, ha chiarito che una risalita dei contagi era prevista ed è in corso, ma con numeri più bassi del passato, ci si affida alla squadra di tecnici che continuerà a fare un lavoro di verifica. Quello che è certo – sostiene il ministro - è che la vera arma per chiudere questa stagione è la campagna di vaccinazione sulla quale dobbiamo insistere: “Bisogna avere consapevolezza dell’importanza di questo momento perché siamo in una fase diversa di gestione di una pandemia che purtroppo è ancora in corso e sarebbe un grave errore considerarla conclusa. Le varianti sono una insidia con cui abbiamo a che fare e dovremo tenere ancora alta l’asticella dell’attenzione nelle prossime settimane. Ma è altrettanto vero che siamo in una fase diversa grazie alla scienza, conoscenza, alla ricerca che ci hanno consentito di avere strumenti che solo un anno fa sembravano ancora lontani”.

La capacità diffusiva della variante Delta rischia di generare una "quarta ondata", di fronte alla quale non possiamo trattenere un brivido: il Paese, con l'aumento della circolazione virale ed un incremento dei contagi potrebbe trovarsi nella situazione di dover adottare misure di contenimento già vissute nell'ultimo inverno e nella scorsa primavera.

Se dunque l’ottimismo non deve mancare si fa sempre più stringente la necessità di adottare per tempo un piano puntuale, realistico che preveda l’adozione immediata di una rete di protezione in grado di reggere l’urto di questo "cambio di fase".

I dibattiti medici, politici, giuridici sono all’ordine del giorno: secondo gli esperti per arginare la corsa della variante Delta e l’avanzare delle mutazioni del virus, con curve epidemiologiche sempre meno rassicuranti, bisogna raggiungere nel minor tempo possibile la copertura totale della popolazione.

Tutti noi abbiamo accettato limitazioni e sacrifici di ogni genere in nome della salute comune.

Ed è per evitare di dover ricorrere nuovamente a misure restrittive, vanificando i buoni risultati raggiunti sinora dal Paese, che occorre muoversi per tempo e fare uno scatto in avanti intensificando la campagna vaccinale in atto.

L’esecutivo sta vagliando nuove misure di contenimento del virus e, tra queste, una stretta per chi il Green pass non ce l’ha, adottando una serie di imposizioni per alcune categorie e oneri per gli altri, che inducano i cittadini a vaccinarsi, prima di assumere la decisione più radicale di rendere il vaccino obbligatorio per tutti.

Per convincere gli "ultimi irriducibili" il commissario straordinario Figliuolo non esclude una soluzione simile a quella francese perché “la vaccinazione è una delle chiavi per il ritorno alla normalità”: utilizzare il green pass per frequentare luoghi ed eventi pubblici “potrebbe essere anche una spinta per la vaccinazione. Abbiamo visto che se si fa squadra, si può vincere la sfida di un’emergenza così complessa, si arriva a delle soluzioni, anche problemi complessi possono essere scomposti. E’ una delle migliori lezioni apprese”

Sui tavoli dell’Istituto superiore di sanità e del governo ci sono i grafici e i dati dei contagi e si sta valutando l’ipotesi di spingere sul fronte vaccinale, rafforzando i vantaggi per chi è in possesso del green pass per partecipare a cerimonie, eventi, partite allo stadio, andare al cinema, a teatro, usare treni, bus e metrò o andare in discoteca.

Chi promuove a pieni voti la soluzione dell’adozione del certificato verde potenziato sull’onda del modello francese intravvede una leva per facilitare un’adesione al vaccino, incentivando i cittadini a immunizzarsi, e nel contempo un modo per riuscire a contemperare una convivenza civile con il virus.

Ognuno di noi deve assumersi la responsabilità delle proprie decisioni e l’onere degli eventi avversi che ne possono derivare: lo si deve fare in un’ottica di solidarietà e di qualità della vita complessiva della comunità perché non si può pensare solo a sè stessi, ma anche agli altri ed alle persone fragili.

Il Prof. Francesco Menichetti, primario di Malattie infettive all’ospedale di Pis,a ha dichiarato ad Adnkronos che “il vaccinato deve poter godere di privilegi, sennò il suo apporto al beneficio della comunità non viene in alcun modo ripagato. Se uno crea una sorta di privilegio per i vaccinati, qualcosa si raccoglie” in termini di adesione alla vaccinazione anti Covid. “Ci vuole una premialità – concorda il virologo – soprattutto per marcare la differenza, perché non è la stessa cosa vaccinarsi o non vaccinarsi. Non dimentichiamo – sottolinea Menichetti – che con il vaccino uno protegge se stesso che è molto importante perché anche un vaccinato che si ammala fa una malattia lieve, ma contribuisce anche all’immunità di gregge. Quindi creare una situazione di diversificazione tra chi ha aderito alla campagna vaccinale e chi non aderisce è una scelta di amministrazione pubblica che secondo me ha una logica. Sui particolari si potrà poi valutare”.

Il professore di Virologia all’Università San Raffaele di Milano, Roberto Burioni, afferma che “Il virus non è più quello che abbiamo conosciuto. E’ diventato molto più pericoloso. La necessità è ora quella di accelerare il ritmo della campagna vaccinale andando soprattutto a raggiungere tutti i fragili che risultano ancora senza neanche la prima dose. Il timore è che tra gli over 60 e gli over 70 tutt’ora non vaccinati si annidi una tenace fronda no vax, oggi ancora più pericolosa considerata l’alta potenzialità di contagio della variante Delta”.

LA SOLUZIONE DELL’UTILIZZO OBBLIGATORIO DEL GREEN PASS IN ITALIA COME IN FRANCIA POTREBBE GENERARE UNA QUESTIONE DI DISCRIMINAZIONE?

L’idea di estendere l’obbligo vaccinale sarebbe strumentale al principio della tutela della salute pubblica perché, diversamente opinando, chi ha avuto la possibilità di vaccinarsi e non lo ha fatto finirebbe per  penalizzare un soggetto che invece è sano e immunizzato, costringendolo ad ulteriori e nuove restrizioni e quarantene.

Il divieto di accesso ai luoghi pubblici o aperti al pubblico, in altri termini, non rappresenterebbe una compressione illegittima della libertà individuale tanto ed in quanto sia ragionevole e proporzionale di fronte all'esigenza corale di condurre il Paese fuori dalla pandemia.

Esiste un interesse collettivo alla salute che giustifica la compressione delle scelte dei singoli, sia che si tratti di vietare l'ingresso al ristorante a chi non è vaccinato, sia che si voglia imporre per legge la profilassi per le categorie e i contesti dove la circolazione del virus è più facile e pericolosa (v. medici, operatori della sanità, docenti, etc.), perché  - nessuno lo può dimenticare - la pandemia è un evento epocale che ha contato sinora quasi tre milioni di vittime.

Vaccinarsi e non vaccinarsi non paiono a questo punto due alternative paritetiche: chi decide di scegliere di non vaccinarsi deve sopportare i disagi legati alla scelta, rimanendo a cenare a casa o non andando al cinema.

Del resto, a prescindere dal pensiero di ciascuno ma nel rispetto per tutti, non si può far sopportare le conseguenze dei ‘gravi disagi’ a chi ha avuto il senso civico di vaccinarsi che è l’unico modo – allo stato - per tornare a vivere in modo pressoché normale.

TUTELA DELLA SALUTE PUBBLICA E IMMUNIZZAZIONE DI MASSA

Nell’ipotesi in cui perduri la gravità della situazione sanitaria e permanga un pericolo per la collettività, con l’insostenibilità sul lungo periodo delle restrizioni alle attività economiche e sociali, non può escludersi l’obbligatorietà della vaccinazione soprattutto per alcune categorie professionali più a rischio di infezione e trasmissione del virus.

E’ una questione di grande attualità che tiene banco non solo tra politici, ministri, associazioni di categoria dei medici e operatori sanitari (nel mondo del lavoro in generale), ma tra illustri giuristi e costituzionalisti. E’ un tema interdisciplinare complesso, più giuridico che etico, che involge oltre alla scienza medica ed ai risultati della sperimentazione scientifica questioni delicate a livello costituzionale la cui soluzione dipende da cosa si intende per ‘obbligo’ e quali potrebbero essere le “categorie” destinatarie del predetto obbligo.

In base all’evolversi della situazione epidemiologica del Paese la politica dovrà optare per una chiara e precisa scelta: l’’immunità di gregge’ (che si raggiungerebbe con le soglie di percentuali raccomandate dall’OMS) consentirebbe di garantire una protezione indiretta anche a coloro che, per motivi di salute, non possono vaccinarsi - in quanto soggetti fragili per le loro condizioni di salute -  perché la profilassi andrebbe anche a loro vantaggio. Ed è anche nella necessità di proteggere quanti non possono essere vaccinati che risiederebbe il fondamento logico-giuridico di un eventuale obbligo vaccinale.

 

Paola Cavallero

Senior Associate Lawyer at Mainini & Associati

 

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