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ENEL e amianto nella Centrale geotermoelettrica di Larderello: storia di un’ordinaria tragedia

La centrale era realizzata con materiali di amianto o contenenti amianto nelle coperture e nelle tubazioni soggette a deterioramento e inevitabile rischio dispersione ambientale.

Nel cuore del campo geotermoelettrico di Larderello (PI), che trasforma il calore del sottosuolo in energia elettrica, che l’ENEL gestisce dal 1962, l’amianto fu utilizzato nelle coibentazioni dei vapordotti, e nelle singole centrali. L’amianto è stato utilizzato anche nelle centrali compresa quella di Serrazzano, presso la quale ha svolto le sue mansioni Luigia Cheli, la quale fu tenuta all’oscuro della lesività delle fibre e della loro capacità di provocare cancro, ed è stata esposta ad amianto.

La Cheli, dopo 26 anni dalla data di pensionamento, ha ricevuto nell’Aprile del 2017 la diagnosi di mesotelioma pleurico, che a seguito di meno di un anno di agonia l’ha portata al decesso. Ad assistere la figlia della vittima, l’Avv. Ezio Bonanni, Presidente dell’Osservatorio Nazionale Amianto (ONA). Grazie al suo strenuo impegno, il Tribunale di Roma Sezione Lavoro ha condannato ENEL. Il colosso dell’energia dovrà corrispondere a Daniela Barsotti, erede della vittima, la somma equitativamente stabilita dal Tribunale, di euro 130.642 (di cui 20.790 da rivalutare all’attualità) solo per i danni subiti dalla defunta. Rimane da definire il risarcimento del danno della figlia, la cui causa è pendente sempre innanzi al Tribunale di Roma.

La signora aveva lavorato nel Campo Geotermoelettrico di Larderello, in provincia di Pisa (dal 01.07.1956 al 31.08.1993, fino alla data del suo pensionamento). Parliamo della prima centrale al mondo ad aver sfruttato l’energia geotermica nella produzione di elettricità. Costruita nel 1911 da Larderello S.p.A, nel 1962 la società passò nelle mani di ENEL, quando divenne titolare del Campo Geotermoelettrico di Larderello, in seguito al processo di nazionalizzazione. Considerato un eccellenza, l’impianto ha tuttavia scritto il destino della lavoratrice, per via dell’amianto presente in diversi comparti. Un destino ingiusto, che ancora una volta uccide gli esposti.

Ma ripercorriamo l’iter lavorativo della Cheli per meglio comprendere la sua storia. Dal luglio 1956 all’aprile 1969 aveva svolto le mansioni di addetta alle pulizie per la Cooperativa “Nuova Liberlavoro”, prestando servizio nelle centrali di Pomarance, Larderello e Serrazzano, tutte in provincia di Pisa. Dal mese successivo era stata poi assunta da ENEL, lavorando fino a tutto gennaio 1983 con mansioni di addetta alle pulizie presso la Centrale di Serrazzano, per poi essere trasferita fino alla data del suo pensionamento del 31.08.1993 alla centrale ENEL di Larderello. Aveva in tutta la sua vita lavorativa svolto le pulizie nelle strutture di ENEL: dalla sala macchine, alle turbine, fino ai trasformatori (in cui si trasformava il vapore in energia). Tutte attività che comportavano la manipolazione di amianto.

A tal proposito, utile precisare che la pulizia degli ambienti avveniva quando i macchinari erano aperti, dunque la donna si era trovata a stretto contatto con le polveri e esalazioni nocive provenienti dalle stesse.E il killer invisibile era presente anche nei magazzini generali, dove erano custoditi appunto i materiali di asbesto, e nella mensa aziendale, essendo i forni coibentati con il pericoloso minerale.Oltre agli oneri della sua mansione, la donna aveva il compito di lavare le tute utilizzate dagli operai per la revisione delle macchine, nonché di imballare e rammendare le balle/contenitori di borace, presso gli stabilimenti ENEL delle fabbriche di Serrazzano, ovvero la centrale geotermoelettrica della frazione di Pomarance (Pi).

Dal gennaio 1984 sino al suo pensionamento la lavoratrice proseguì il suo rapporto di lavoro con ENEL, con la qualifica di impiegata con mansioni, prima di dattilografa e poi di segreteria presso il Campo Geotermoelettrico di Larderello. E’ cruciale sottolineare che la centrale era realizzata con materiali di amianto e/o contenenti amianto nelle coperture e nelle tubazioni (queste ultime soggette a deterioramento e inevitabile rischio dispersione ambientale).

Insomma, era praticamente impossibile evitare il contatto con il “killer invisibile", tanto che, il costante e prolungato contatto con le sottilissime fibre, ha finito per condurla alla malattia e al doloroso calvario. I primi sintomi arrivano tra il 2016 e l’inizio del 2017, quando orami era in pensione. Cosa che ancora una volta attesta i lunghi tempi di latenza fra esposizione all’amianto e insorgenza del cancro. Inizialmente, la donna manifestava difficoltà respiratorie evidenti durante la deambulazione sulle strade in salita. Nel gennaio 2017 arriva la diagnosi infausta che conferma la presenza di mesotelioma pleurico epiteliomorfo, e l’INAIL accoglie la domanda di riconoscimento di “tecnopatia”. A confermare il nesso tra esposizione ripetuta nel tempo al patogeno e l’insorgenza del mesotelioma, anche la perizia del C.T.U. Purtroppo, nonostante due cicli di chemioterapia, avviati nell’aprile del 2017 (sospesi per progressione di malattia) e una successiva terapia di supporto e antidolorifica oppiacea, il 15.09.2017 la donna ha perso la sua lotta contro il male.

Oggi la vittoria giuridica, una vittoria il cui finale rimane amaro: una donna, una lavoratrice, ha perso la vita e il pericolo legato all’amianto persiste nei luoghi di lavoro. Nonostante la sua messa al bando con legge 257/92, si continua infatti a morire. Anche perché, tra l’esposizione e l’insorgenza, possono trascorrere fino a cinquant’anni.

Secondo ONA, sono circa 7.000 decessi ogni anno (rispetto ai circa 107.000 nel resto del mondo), tenendo presenti anche i tumori polmonari e le altre patologie asbesto correlate. Occorre pertanto rafforzare in ogni modo la sicurezza nei luoghi di lavoro, garantire misure preventive e una sorveglianza costante per la salute deli lavoratori e anche dell’ambiente. L’amianto si può sconfiggere solo evitandolo. L’ONA è a disposizione per la tutela dei diritti di tutti i soggetti esposti con un servizio di consulenza tramite il sito istituzionale o il numero verde 800 034 294.

 

Fonte: Osservatorio Nazionale Amianto

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